Albanesità tra modelli antropologici, lingua e letteratura A San Giorgio Albanese un evento tra le comunità Italo – albanesi e l’Albania

sangirogioalbanese

di Pierfranco Bruni

La storia del popolo arbereshe (italo – albanese) è una storia che trova nelle identità delle culture mediterranee una chiave di lettura fondamentale. Realtà meridionali che hanno sempre avuto contatto con il mare nonostante gli stanziamenti interni delle popolazioni arbereshe. In fondo gli albanesi, ieri come oggi, venivano e vengono dal mare. I paesi che registrano usi,
costumi, lingua, tradizione e storia arbereshe in Italia sono 50. In Puglia ce ne sono tre. Nella sola Calabria ci sono 33 comunità arbereshe. I beni culturali, (il patrimonio culturale in senso più generale) di questi paesi, rappresentano una chiave di lettura per un processo non solo di conoscenza ma soprattutto di valorizzazione e di fruizione sia sul piano scientifico che didattico – pedagogico.
La manifestazione che si svolge a San Giorgio Albanese il 7 maggio prossimo (come da programma) ha una sua particolare e peculiare importanza sia dal punto di vista linguistico che antropologico – letterario e pone al centro una questione di identità culturale.

La conoscenza del loro patrimonio è conoscenza dei territori nei loro elementi di raccordo tra passato e presente e tra presente e sviluppo culturale. dalla tradizione ai processi informativi. Un percorso che interessa la loro identità e la loro antica e attuale presenza nei territori. Sono interessati Regioni come la Puglia, la Calabria, la Sicilia, La Basilicata, la Campania, il Molise, l’Abruzzo.
C’è uno stretto legame, nei beni culturali dei paesi albanesi d’Italia, tra il patrimonio architettonico (il patrimonio storico – culturale), la lingua e il culto. Questo vuol dire che i beni culturali rappresentano, in tali territori, una espressione della condizione liturgica che si manifesta nella simbologie delle strutture. C’è da precisare un fatto che è significativo per queste comunità e si legge come un dato laico. Il centro storico è quasi sempre il centro abitato e il centro abitato è quasi sempre nel centro storico.
Una splendida visione del genere si registra a Civita, a San Giorgio Albanese. Ma penso anche a Farneta, ad alcuni ambienti di San Marzano di San Giuseppe, ad alcuni paesi della siciliana Piana. Penso al paesaggio – presepe di San Paolo in Basilicata o a Ururi. Cioè il bene culturale che si percepisce nella storia delle abitazioni diventa una manifestazione della vivibilità e quindi una manifestazione del quotidiano e mai un retaggio antropologico. Ed è un fatto positivo che incide su quattro aspetti. Uno sociologico. Uno storico. Uno artistico. Uno documentario.
Ma la storia di queste comunità è vissuta come decodificazione di un processo artistico. Infatti le chiese o i conventi (si pensi a San Demetrio con il suo Sant’Adriano e il suo Centro Studi o a Spezzano Albanese o alle comunità di Piana degli Albanesi) sono i contenitori non solo di un “apparato” storico e architettonico dalle radici o matrici Orientali ma costituiscono soprattutto l’immagine di una proiezione d’arte.
La Calabria è al centro di questo itinerario. Dalla provincia di Cosenza a quella di Crotone a quella di Catanzaro. Un itinerario che tocca il paesaggio e la cultura, i riti e le forme di tradizione. Un viaggio tra gli Arbereshe della Calabria è un viaggio che ci mette al centro di un rapporto tra Occidente ed Oriente. La chiesa dell’Assunta di Firmo è la tipica fotografia che mette insieme semplicità della struttura e culto delle civiltà albanofone. Mentre la cattedrale di Lungro è l’incontro tra il raffinato stile medio orientale e il desiderio di occidentalizzazione dell’arte. Una cultura di stampo prettamente bizantino. Il bizantino qui si svolge in un incrocio tra il romanico e il barocco.
Dalla semplicità della chiesa di Firmo alla esuberanza e sobrietà della cattedrale di Lungro. Dalla semplicità lineare di Macchia alle forme “barocche” di San Demetrio. Dal bizantinismo restaurato del campanile della chiesa di San Pietro e Paolo di Spezzano Albanese al decorativo piano di Barile. Agglomerati urbani che si dichiarano artisticamente attraverso una tradizione che ha come bene fondante il culto. I beni culturali, per la maggior parte, in questi paesi, sono beni di culto.
Per restare nell’antica Terra d’Otranto ci sono alcune sottolineature da cesellare. In Puglia, dunque, vi sono tre comunità Arbereshe (italo – albanese). Una in provincia di Taranto, San Marzano di San Giuseppe, e le altre due in provincia di Foggia: Chieuti e Casalvecchio di Puglia. Cultura popolare e identità etnico – linguistica, qui, si intrecciano. Un processo di civiltà che ha come fondamento storico il valore della tradizione. Sono territori che risultano interessati da una cultura “minoritaria” ma che hanno una grande valenza antropologica.
La Puglia come la Calabria, in particolare, o la Basilicata o la Sicilia o il Molise le altre due Regioni difendono il patrimonio delle minoranze non dimenticando i valori dell’Unità e delle identità di una tradizione che racconta le sue diverse storie. Gli arbereshe sono storia, tradizione cultura. Il loro patrimonio si innesca in una visione ampia sul piano identitario. Resta, comunque, fondamentale il rapporto tra i paesi che tuttora praticano la lingua arbereshe e quei paesi che hanno perduto usi, tradizioni e costumi oltre che la stessa lingua.
L’Italia è una Nazione che ha distribuito in tutto il suo territorio una carta linguistica abbastanza eterogenea. Dal catalano presente in Sardegna al greco in Puglia e in Calabria, dall’albanese vivo in sette Regioni allo sloveno sulle Prealpi Giulie, nel Carso e nelle vicinanze di Gorizia e Triste, dal serbo – croato in Istria e Molise al franco – provenzale sulle Alpi piemontesi, in Calabria, in Valle d’Aosta, in Puglia. Dodici sono le comunità etnico – linguistiche, oggi riconosciute in Italia, fissate dalle vigenti normative. Una mappa dei linguaggi che si porta dietro fattori di ordine storico.
Gli arberesh si sono retti finora perché il senso comunitaria è stato ed è abbastanza profondo. D’altronde la loro azione è stata sempre rivolta a fattori culturali, i quali hanno rappresentato riferimenti valorizzanti. Il problema è recuperare le identità attraverso una maggiore conoscenza che tocca aspetti eterogenei che vanno da forme antropologiche alla lingua, dai beni culturali ai costumi. Infatti uno dei rapporti fondamentali lo si gioca tra lingua, linguaggi e dialetti.
Il caso delle comunità arbereshe è emblematico. Gli arbereshe sono una realtà sia per il patrimonio linguistico che conservano da cinquecento anni sia per le testimonianze storiche che sono un documento e non solo una chiave di lettura fondamentale che rimarca i segni di una appartenenza. In Italia rappresentano non una diversità ma dimostrano la presenza di un bilinguismo originario ben radicato e anche strutturato nelle varie aree del Paese. Formano un ponte sostanziale con le culture sommerse del mondo balcano e la funzione del rito è la testimonianza della trasmissione di una tradizione religiosa profondamente radicata nella coscienza.
Oggi il rito greco – ortodosso è professato in 26 dei 50 paesi. Si tratta di un dato che chiama in causa non solo fattori di ordine religioso ma, dietro il fatto religioso, c’è soprattutto una profonda acquisizione dei valori culturali di origine. La stessa forma delle strutture religiose rimanda a dimensioni etiche ed estetiche di formazione orientale. C’è una cultura italo – albanese di riporto ma c’è anche una tradizione prettamente arbereshe. Sono oltre 100.000 gli arbereshe oggi presenti in Italia. Pur nella loro eterogeneità hanno un comune sentire il luogo.
Questi arbereshe, dunque, hanno assorbito una doppia formazione oltre ad esprimersi in un bilinguismo che ha costituito il portato di due modelli culturali. Proprio da questo punto di vista la funzione dei beni culturali resta fondamentale in quanto diventa l’espressione di una testimonianza di civiltà da tramandare, da trasmettere.
Tra i paesi arbereshe c’è un vocabolario che pur restando alla base omogeneo si diversifica, a volte, rispetto alle aree territoriali. Questi paesi, in realtà, pur mantenendo una loro coerenza linguistica hanno assorbito modelli presenti su un territorio con influenze, non solo linguistiche, eterogenee. Insomma c’è stato un assorbimento di modelli culturali popolari e istituzionali.
Il bilinguismo rafforza, in effetti, il senso di appartenenza. Gli arbereshe sono quelli che hanno lasciato una Patria, anzi hanno perduto una Patria, e proprio per questo sono ben consapevole della sofferenza della diaspora. Nella loro storia ci sono elementi che definiscono le origini stesse della cultura del Mediterraneo. Un Mediterraneo che ha realizzato sempre incontri tra civiltà. Un incontro, che la letteratura ha ben sottolineato, tra popoli di mare e di terra.

Artisti Albanesi by Giornale Armonia Registrato al Tribunale di (Ta) N. 638 del 23/11/2004

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