La magia del canto “Arberesh”. Claudio La Regina al Festival di Tirana

Claudio-La-Regina

Di Brunilda Ternova

Siamo in compagnia di Claudio La Regina, musicista e cantante italo-arberesh, che il pubblico albanese ha avuto la possibilità di conoscere per la prima volta nel 2009 grazie al 48° Festival Nazionale di Tirana. Nato a Cesena il 27 luglio 1976 affonda le sue radici nel sempre vivo patrimonio di tradizioni musicali arberesh, ed è un valido esponente del fronte della musica leggera cantautorale sia arberesh che italiana.

Claudio ti ringrazio per averci dato l’opportunità di questa intervista. In primis, raccontaci un po’ di te e di come è nato il tuo percorso artistico.

Mi sono avvicinato al mondo musicale in tenera età quando a sette anni iniziai a prendere le prime lezioni di pianoforte. Ho suonato per circa dieci anni ma quando feci l’esame in Conservatorio non venni preso a causa della diffusa pratica che c’è in Italia della raccomandazione. Poi venni chiamato a rifare l’esame nel maggio dell’anno dopo, ma decisi di non andarci. Il miei inizi artistici sono scaturiti un po’ per scherzo. Insieme con degli amici abbiamo formato un gruppo musicale dove io naturalmente avrei dovuto suonare la tastiera, ma siccome uno dei miei migliori amici – che poi era quello che suonava la chitarra – aveva una mano troppo piccola per prendere determinati accordi allora lui passò a suonare la tastiera e io a cantare. Io che non avevo mai cantato fino a quell’instante cominciai a farlo per gioco e invece da qui nacque quella passione sfrenata per il canto fino da prendere lezioni private per altri dieci anni.

Cos’è secondo te la cosa più ardua da comunicare per un artista?

Se nell’atto della comunicazione non c’è un messaggio allora non c’è storia, non ci sono idee poiché manca la narrazione e l’esperienza utile. Non si può parlare di comunicazione come se fosse un oggetto privo di un messaggio chiaro poiché si trasforma in un guscio vuoto. La regola, se così si può chiamare, nel mio caso è riuscire a spiegare attraverso la musica la massima semplicità della vita. Succede spesso che nella maggior parte delle volte le persone hanno la tendenza a rendere le cose più complicate di quanto siano e di conseguenza a rendere anche la loro vita più complicata di quanto non lo sia già di suo. Riuscire a far comprendere che rifugiarsi dietro la droga, la bottiglia dell’alcool o altro, non risolve ma amplifica il problema che sia esistenziale o di qualsiasi altra natura. E’ importante far capire che non si deve maltrattare una persona debole e indifesa come una donna, un bambino, un anziano e così discorrendo, per sentirsi forti per appagare un proprio bisogno di “superiorità”. Credo che persone di questo genere hanno capito ben poco a cosa serve effettivamente la vita o quale sia il suo vero senso, poiché è il dialogo l’unico mezzo di comunicazione opposto ad ogni tipo di violenza. Quando la vita ti pone davanti a delle scelte importanti o quando ti “picchia duramente” sprofondandoti e “fracassandoti” l’esistenza tanto da non aver più voglia di reagire è proprio lì che bisogna reagire, rialzarsi e andare avanti senza mai fermarsi anche se il percorso o il sentiero è diventato difficile e ripido. Bisogna cadere per sapere quanto si è bravi a rialzarsi.
Essere controcorrente nella società di oggi non significa essere irruenti, non rispettare le regole, fregarsene di tutto e di tutti. Si può essere forti anche piangendo ed una persona che piange manifestando le proprie emozioni e sentimenti, che versa lacrime in qualcosa in cui crede, che sia un amore, una passione o altro, è un vero Essere Umano. Ma per far questo bisogna essere persone intelligenti perché credo che l’intelligenza sia proprio la capacità di risolvere i problemi della vita.

In che modo è nata l’idea di partecipare al 48° Festival Nazionale di Tirana nel 2009 e come mai proprio con la canzone “Ave Maria” in lingua arberesh?

Tra le canzoni dei Fratelli Scaravaglione c’era la meravigliosa “Ave Maria” – della quale me ne innamorai perdutamente – e chiesi se la potavo interpretare e la domanda fu accolta volentieri. La canzone tratta la tragedia del 1997 dove una nave albanese affondo insieme a tanti profughi albanesi nel canale di Otranto. Dopo la vittoria al Festival della Canzone Arbereshe (2007) dissi a Francesco Scaravaglione che volevo partecipare al Festival Nazionale di Tirana – visto che loro c’erano già stati anni addietro. Lui un po’ rammaricato mi disse che non aveva più nessun contatto ma che avremmo trovato il modo di mandare i brani per la selezione. A distanza di un paio di mesi riuscimmo a trovare un’e-mail del Festival e io mandai tre brani, dei quali fu scelto proprio “Ave Maria”. Questa canzone piacque molto al maestro Selim Ishmaku, che per di più, quando giunsi a Tirana, mi trattò come fossi suo nipote prendendosi cura di me in tutto e per tutto e in qualsiasi problema che poteva sorgere, lui lo avrebbe risolto. Altresì, mi ha aiutato molto la sig.ra Tina Tafa di Radio Tirana, anche lei persona molto cordiale e gentile.
L’esperienza al Festival di Tirana mi ha insegnato molte cose. Ho vissuto e ho conosciuto da vicino una realtà albanese della quale avevo solo sentito dai racconti degli emigranti albanesi che abitavano nel mio paese – Spezzano Albanese – da quando ero ragazzino. Grazie alle loro narrazioni mentre parlavano di come fosse la vita in Albania, ho sentito parlare per la prima volta anche del Festival Nazionale della Canzone, e quando dopo anni (io proprio io) mi trovai ad esibirmi su quel palco insieme ai suoi migliori artisti per me fu come un sogno che diventava realtà. Detto tra noi: quando ero sul palco mi tremavano le gambe dall’emozione.

Ti rivediamo di nuovo in Albania nel 2011 al 50° Festival Nazionale e questa volta con la canzone “Kur Te Pasha” con la musica di Francesco Scaravaglione. Esiste qualche storia vera o di rilevanza personale dietro questa canzone in gara in un evento artistico di questo calibro?
La canzone “Kur Te Pasha” in realtà è stata scritta e composta da Francesco Scaravaglione, ma ai tempi del Festival ci fu un piccolo errore di trascrizione. Lo stesso autore mi ha spiegato che il brano è legato a una storia vera ed esprime un vero stato d’animo di amore e passione verso una persona importante. È dedicata alla moglie e al loro primo incontro e a ciò che questo incontro ha rappresentato per lui, cioè la consapevolezza che era nato un grande amore che sarebbe stato per sempre.

Dove attingi per trovare l’ispirazione per scrivere i tuoi testi e creare le tue canzoni?

Prendo ispirazione da tutto quello che mi dà emozione, dalla natura, dalla semplicità delle cose, da una lacrima o da un sorriso, dalle storie di vita vissuta, dalle difficoltà quando la vita ti pone davanti lungo il percorso del tuo cammino ecc. Non ti so dire precisamente dove trovo ispirazione perché a volte semplicemente avviene, anzi sopratutto avviene senza accorgermene. Delle volte scrivo una cosa e mi dico sorpreso: “E questa da dove mi è venuta?”. Cerco sempre con la mia musica, le mie emozioni e i miei testi di portare un po’ di colore dove tutto è sbiadito, un po’ di serenità dove c’è molta malinconia, di portare un nuovo e diverso stato d’animo a chi mi ascolta, partendo da una riflessione o da una qualsiasi altra cosa. Per me non è importante vincere un Festival o un Concorso, perché io vinco ogni volta che riesco a trasmettere un’emozione a qualcun’altro, ogni volta che leggo negli occhi di chi mi ascolta l’entusiasmo riguardo a quello che ho scritto e che canto. Per me è importante lasciare qualcosa di me, non solo come artista ma soprattutto come persona. Però non so se ci riesco sempre.

E’ vero che la tecnica e l’interpretazione sono due aspetti inscindibili tra di loro per un cantante?

Io credo che la tecnica e l’interpretazione siano due cose assolutamente diverse ma che se usate bene si possono sposare altrettanto bene con l’organo vocale. La tecnica deriva dallo studio e dalla preparazione didattica e una buona tecnica deriva da uno studio approfondito e da molti sacrifici. Credo che invece l’interpretazione sia più soggettiva, perché nasce dal sentimento, dalla particolarità della voce, dal profondo dell’anima e da quello che il cuore è in grado di comunicare attraverso il suo mezzo comunicante in questo caso “la voce”. L’interpretazione non ha bisogno di un’estensione vocale massima anche se è piacevole ascoltare un cantante che ha una bella estensione. Però avere una grande estensione senza avere doti d’interpretazione non porta da nessuna parte, essere precisi non serve a nulla, ci vuole Originalità. Ma questo è il mio modestissimo pensiero e il mio modo di vedere.

Quali sono le difficoltà che un giovane artista affronta in Italia e quali sono le varie problematiche relative? E’ vero che oggi giorno la buona musica da sola non è sufficiente per creare la base del successo di un artista – a prescindere dal fatto che abbia o meno talento?

Le difficoltà che incontra un giovane artista in Italia sono tra le più disparate incominciando dalla scarsa valorizzazione del talento, la mancanza di spazio e l’opprimente macchina del denaro – nel senso che anche se sei bravo ma non hai conoscenze e soldi fai ben poco, le radio non puntano sui giovani talenti ma girano sempre gli artisti affermati, le case discografiche ti chiedono di finanziare da solo il tuo progetto e poi se va bene se ne può parlare, ecc. Questo lo dimostra per esempio la gara di Sanremo, dove per partecipare bisogna avere una etichetta discografica che punti su di te e che paghi per la tua partecipazione. In poche parole senza soldi e conoscenze non si va da nessuna parte. Cosa del tutto diversa invece al Festival Nazionale di Tirana che a mio avviso non ha nulla da invidiare al Sanremo italiano.
Ti racconto un breve fatto che proprio l’altro giorno mi è successo in modo che mi possa spiegare meglio: sono andato in una radio privata (di cui non farò nome) qui nel nord Italia chiedendo se potevano passare qualche mio brano e la risposta è stata che lo facevano solo a pagamento (che lo trovo anche giusto). Allora io risposi: ”Ma i giovani artisti come fanno ad emergere e ad essere conosciuti se voi emittenti radiofoniche per prime non gli date la possibilità di trasmettere i loro brani, soprattutto, se non hanno le risorse economiche da potersi pagare i passaggi radiofonici?”. La risposta da parte dei rappresentanti dell’emittente è stata questa: “Se io ti metto il brano e tu diventi famoso poi a me chi mi paga?”. Lascio a te a fare le tue considerazioni.

Cosa conosci della musica albanese e cosa pensi delle sue varie correnti musicali?

Della musica albanese ho ascoltato molta musica tradizionale del folklore che ha origini molto antiche e si differenzia tra il nord e il sud dell’Albania. E’ un tipo di musica particolare legata alla propria identità culturale e si sviluppa in canzoni che parlano di storia, di eroi nazionali, di canzoni più melodiche che parlano di amore, di lavoro, ecc. Sono musiche che con le proprie inflessioni tipiche, portano con la mente inevitabilmente all’area balcanica. Non ho presente brani di musica classica, anche se so che è nata negli anni ‘20 e che il maggior rappresentante è senza dubbio Zadeja. Negli ultimi anni la musica Albanese ha subito moltissimo l’influenza della musica occidentale e di conseguenza sono sorti tanti gruppi rock, pop, hip-hop e rap. Nello stesso “Festival i Kenges” di Tirana ho avuto modo di conoscere tanti personaggi legati ai canoni della musica moderna come Bojken Lako, Juliana Pasha, Keisi Tola e tanti altri. La musica è in continua trasformazione, io penso però che non bisogna lasciarsi alle spalle le proprie origini musicali e attingere solamente da ciò che ci viene proposto da alte parti, poiché così non si migliora. Io credo che bisognerebbe cercare di legare al vecchio il nuovo magari inventando un genere nuovo che chissà, magari potrebbe creare dei nuovi interessi musicali e non.

Cosa sai dell’Albania del periodo del regime comunista?

So che il comunismo in Albania è iniziato subito dopo la seconda guerra mondiale e l’unico lato positivo fu che inizialmente, lo stato socialista ricostruì il paese con la costruzione di fabbriche, strade, centrali energetiche etc. Mentre dall’altra parte, venne impostata una rigida dittatura totalitaria che limitò drasticamente la libertà di espressione e di pensiero. Non avendo vissuto un regime simile non posso dare un giudizio soggettivo, ma parlando con la gente so che è stato un periodo negativo per la popolazione albanese.

La musica spesso richiama i luoghi e i sapori d’origine di un artista. Il mondo arberesh è molto ricco di storia, di cultura, di arte e soprattutto di musica folk, e proprio la musica è stata candidata all’UNESCO per essere inserita nella lista dei beni Immateriali dell’Umanità. Tu personalmente cosa ne pensi di questa eredita culturale, che in parte ti appartiene, e come ti sei approcciato alla musica arberesh?

Non si può fare a meno della propria cultura e delle proprie tradizioni, dei propri luoghi del proprio pensare, al modo di agire e di fare della propria gente, ed è per questo che, il mio mondo musicale, è un mondo legato indissolubilmente alla mia cultura e quindi al mio essere Arberesh! Questo influisce molto sulla mia formazione, sia essa musicale che sul mio modo di vivere, di conseguenza anche la mia carriera ne risente sempre e comunque in positivo. Essere arberesh oltre che italiano è essere culturalmente e linguisticamente più ricchi, e ciò non fa altro che rendermi più consapevole di ciò che sono e di ciò che potrei essere!
Nel mondo della canzone arbereshe mi hanno introdotto i Fratelli Scaravaglione che apprezzavano molto la mia voce e le mie doti interpretative, e con i quali negli anni è nata una lunga collaborazione iniziata già nel 2000. E’ stato così che cominciai a cantare sia in italiano che in arberesh. All’inizio fu un po’ difficile perché non conoscevo ancora la lingua, visto che in famiglia si parlava solo l’italiano. Ragion per cui chiesi al Prof. Francesco Marchianò – docente di lingua arbereshe – se mi poteva dare lezioni private. Attratto dalla cultura, dalla lingua, dalle usanze e tradizioni di cui faceva parte la mia famiglia piano piano mi sono sentito coinvolto e ho iniziato così ad apprezzare una nuova realtà. Cominciai partecipando al 21° Festival della Canzone Arberesh (2002) che si teneva a San Demetrio Corone (CS) ma con testi assolutamente inediti, dove la prima mia partecipazione mi vide al 3° posto. Nel periodo Pasquale del 2004 cantai nel mio paese durante la Festa Patronale della “Madonna delle Grazie” e in quell’occasione incontrai – dopo la mia esibizione mentre scendevo dal palco - Dominico Rotondaro, il proprietario di Radio Arbereshe. Domenico mi  fece i complimenti e mi chiese se potevo dargli un CD con i miei brani per trasmetterli in radio. Nacque così una forte amicizia e i miei primi passaggi radiofonici in Calabria.
Nel 2007 mi venne l’idea di portare al Festival della Canzone Arbereshe un brano contro l’abuso dei minori e chiesi a Francesco Scaravaglione di scrivermi in lingua arbereshe un brano di sensibilizzazione sulla pedofilia. Così nacque “Kur nget nje krijatur” canzone che vinse il Festival di quell’anno e che ebbe uno spazio dedicato anche sul “National Geographic”. Parte del ricavato di questa canzone è stato devoluto all’Associazione Meter “Dalla parte dei Bambini” di don Fortunato Di Noto. Nell’estate del 2008 formammo con i fratelli Scravaglione un gruppo musicale che si chiamava “Muzikerè” dove cantavamo canzoni arbereshe scritte e composte proprio da loro. In questa occasione conobbi Ferdinando Carlo Patitucci che si interessò a me e alle mie qualità canore ed interpretative, chiedendomi se volevo partecipare a Sanremo Giovani, ma io non ne ero tanto convinto sapendo come funzionavano le cose in quelle realtà musicali.

Oltre ai vari concorsi canori in lingua arberesh hai partecipato anche a concorsi musicali italiani. Ce ne puoi elencare qualcuno?

Cominciai a cantare nelle piazze, nei locali e a partecipare nei concorsi fin da ragazzino e una delle cover che interpretavo era “L’acrobata” (M.Zarrillo) che più che una canzone per me era una poesia. Cercavo di scegliere canzoni diverse proprio per distinguermi nel mio stile e non sceglievo le canzoni che cantavano tutti. Per esempio, come quando in un concorso cantai “Ti amo ancora di più” di R. Cocciante o come quando partecipai al Festival di San Marino con la canzone “L’impossibile vivere” di Renato Zero. Era come una sorta di allenamento perché sentivo dentro di me che un giorno avrei scritto delle mie canzoni. Nel 1998 al Festival di S. Marino incontrai l’amico e il bassista Iro Pagano il quale – molto sorpreso ed entusiasta della mia partecipazione perché non sapeva che io cantassi -, mi chiese perché non partecipassi a Castrocaro. Quando gli risposi che si poteva partecipare solo con dei brani inediti ed io non ero pronto perché ancora non scrivevo, allora lui mi disse che aveva dei suoi brani e se mi fossero interessati li avrei potuto cantare. Da lì cominciò la nostra lunga collaborazione e l’anno successivo (settembre 1999) partecipai al festival Castrocaro Terme sezione “Voci e Volti nuovi” con il brano inedito “Voglio fare un fuoco” scritto proprio da lui. Questa esperienza mi diede la possibilità di autoprodurre un mini CD contenente 4 brani nuovi dal titolo “Un posto per noi” e di cominciare a partecipare ai vari concorsi italiani con brani inediti. Scrissi dopo una canzone autobiografica dal titolo “Credo che sbagliare sia umano” basata su una storia d’amore vissuta dove ho capito che si può sbagliare e si deve sbagliare per imparare dalla vita, ma non commettere di nuovo lo stesso errore.
Quando partecipai con il brano “Dodi” di Pagano al Festival “Fuoritempo” tenutosi a Roma nel Marzo 2003, conobbi il cantautore Stefano Manenti, ed il maestro Roberto Gori. A quest’ultimo chiesi di arrangiare un mio brano che avevo scritto per una giovane giornalista calabrese uccisa il 9 dicembre del 2002. Si trattava della storia agghiacciante dell’omicidio di una donna che mi aveva toccato al punto da scrivere un testo e di dedicarle una canzone che si intitola “Notte D’Inverno”. Mentre con Stefano Manenti nel tempo diventammo amici e anche coautori dei nostri diversi brani. Successivamente partecipai ad una trasmissione televisiva Regionale TeleSpazioCalabria dove conobbi Daniele Sanfilippo, persona umile e alla mano che apprezzava le mie doti canore e cantautorali. Daniele era il gestore dell’etichetta discografica “Suoneria Mediterranea” e anche con lui cominciarono a svilupparsi nel tempo parecchie collaborazioni. Nel 2006 scrissi una canzone contro la violenza sulle donne dal titolo “Dentro una lacrima” con musica dei fratelli Scaravaglione, e arrangiamenti del maestro Franco Poggiali (già arrangiatore degli Scaravaglione). Tra le mie altre canzoni c’è anche una dedicata a Papa Giovanni Paolo II dal titolo “Karol” con testo e musica dei fratelli Scaravaglione e con i quali decidemmo di comune accordo di farne una versione Italiana dove l’interprete esclusivo sarei dovuto essere io – cosa che mi gratificò molto artisticamente.
Mi sono esibito in numerosi manifestazioni artistiche e tanto per citare qualcuna: ho partecipato al concorso Regionale “Vota La Voce” classificandomi al 2° posto; al concorso Regionale “San Remo Nuovi Talenti” classificandomi al 1° posto; all’Accademia della canzone di San Remo nel settembre 1998; al Festival di San Marino nel Marzo 1999 e nel Marzo 2000; a Castrocaro Terme alle selezioni “Voci e Volti nuovi” nel Luglio 2002; al concorso “Cantarello 2000” tenutosi ad Ivrea (TO) nel Gennaio 2000; al concorso “Festa Degli Sconosciuti” alla presenza di Rita Pavone, Teddy Reno ed il maestro Paolo Olmi, nel Febbraio 2001; all’Accademia della canzone di San Remo nel settembre 2001 e nel 2002; al Festival di Napoli arrivando alla finalissima nel 2002; al Festival “Fuoritempo” tenutosi a Roma nel Marzo 2003 e nell’ Aprile 2004; sono arrivando alla finalissima alla XIV° edizione del Gran Premio della Canzone Italiana “Vetrina per un Disco” (Festival per cantanti e cantautori emergenti), tenutosi presso il Nuovo Teatro 33 a Roma nel Novembre 2005, ecc.

Chi è Claudio nella sua vita privata e nel suo tempo libero? Quali sono i tuoi punti di riferimento nella vita? Hai qualche altra hobby oltre alla passione per la musica?

I miei punti di riferimento sono la mia famiglia che mi appoggia sempre e comunque in qualsiasi decisione io prenda, gli amici quelli veri non quelli a convenienza e ti assicuro ce ne sono ben pochi. Senza di loro credo si faccia ben poco e avere qualcuno con cui confidarti metterti a confronto è molto importante se non fondamentale anche per la propria crescita. Mi prendo momenti in cui ‘voglio stare solo’ che mi servono anche per una mia crescita interiore perché se non riesci a stare bene prima da ‘solo con te stesso’ non riuscirai mai a stare bene ‘in mezzo alla gente’. Nella vita privata sono una persona buona e socievole con tutti nessuno escluso, sono di compagnia e non mi do troppe arie anche se c’è chi dice il contrario – ma va bene così. Il meglio di me lo tiro fuori nei momenti e nelle situazioni difficili della vita perché è facile amare ed essere amico quando tutto va bene. Se c’è bisogno di me io ci sono e mi faccio in quattro per gli amici, per la famiglia, per la persona che amo e che ritengo importante nella mia vita. Non tollero assolutamente la falsità e le mezze verità, preferisco di più una brutta verità che una bella bugia. Nel percorso della mia vita ho imparato a proprie spese ad avere pazienza, a non giudicare, a non dare mai nulla per scontato, che niente è dovuto a nessuno ed ecco perché mi impegno molto con sacrificio e dedizione, versando lacrime e sudore in tutto quello che faccio. Oltre la musica uno dei miei hobby è lo sport, praticamente il Body Building e il Footing. Nel tempo libero mi piace passare delle serate in compagnia degli amici di sempre, facendo quattro risate e ricordando anche qualche stupidaggine fatta in tempi dove non esisteva ancora tutta questa tecnologia che un po’ ci rende meno presenti fisicamente e molto più virtuali.

 Hai un particolare progetto che vorresti realizzare nel futuro o tale da rappresentare una tua aspirazione? Avremo la possibilità di vederti con qualche album nuovo, in qualche collaborazione artistica oppure in tour in Italia, in Albania o altrove?

Attualmente la crisi economica coinvolge un po’ tutti i settori della vita in Italia, compreso quello della musica, tuttavia, sto lavorando su nuovi brani e nel contempo anche su nuovi progetti. Ogni mia ispirazione artistica punta sempre intorno alla musica, per tutto il resto poi si vedrà.

Un tuo messaggio che vorresti dare ai tuoi fan e ai lettori di questa intervista.

Essere sempre se stessi, perché essere se stessi è una strada che non tutti sanno percorrere. Non è quello che credi di essere, tanto meno quello che hai, ma è quello che fai che ti qualifica, ti valorizza e ti gratifica allo stesso tempo.

Grazie Claudio!

Grazie a te e a tutti quelli come te che danno la possibilità a noi giovani artisti di trasmettere agli altri la nostra arte, la nostra passione e sopratutto la nostra persona. Faleminderit!

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